Anonymous writes "Tra il Duecento e il Quattrocento, il Ducato di Milano (sotto i Visconti) raggiunse una notevole potenza ed una grande estensione, espandendosi in Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana (Mappa). Per qualche tempo ci fu la possibilità che la Lombardia storica (l'Italia settentrionale) raggiungesse una unità politica.
Gli inizi
Il primo Visconti ad assumere il potere è l'arcivescovo Ottone che sul finire del 1200 riesce dopo anni d'esilio ad occupare la sua naturale sede vescovile solo con la forza, sconfiggendo militarmente 'quei della Torre'.
A lui succede il nipote Matteo che assume il titolo di capitano del popolo.
E’ l'inizio dell'espansione viscontea anche se il potere è molto labile perchè la carica di capitano è a tempo e ufficialmente non è ereditabile, ma soprattutto perchè i Torriani esuli minacciano il potere dei Visconti.
Matteo deve anche sconfiggere il pericoloso vicino Marchese di Monferrato Guglielmo VII che aveva creato uno stato semi regionale governando Asti, Alessandria, Vercelli, Novara, Pavia e che aveva assediato Milano.
Sconfitto Gugliemo VII le città di Novara, Vercelli, Pavia e Como eleggono Matteo Visconti come loro capitano del popolo.
Sempre Matteo riesce ad ottenere dall'imperatore Adolfo di Nassau il titolo di “Vicario Imperiale per la Lombardia” (1294). Lo storico Francesco Cognasso autore de "I Visconti" si chiede prima dove arrivasse la Lombardia concessa a Matteo poi a pagina 86 scrive "la Lombardia pareva tranquilla: l'influsso del vicario andava sino a Roma, a Bologna e oltre, dovunque arrivassero podestà milanesi, ivi si faceva sentire la volontà del capitano di Milano".
Ovviamente non era altro che un' influenza probabilmente paragonabile a quella degli odierni Stati Uniti in seno alla NATO, certo è che Matteo aveva assunto un grande prestigio tanto che Venezia e Genova dopo aver a lungo guerreggiato per giungere ad una pace duratura affidano a lui l'incarico di dirimere le loro controversie.
Il ritorno al potere dei Torriani demolisce il fragile potere visconteo. Celebre rimane la risposta che Matteo fornisce ad un ambasciatore dei Torriani che lo raggiunge nel suo luogo d'esilio e gli chiede come pensa di rientrare in Milano: “aspetto che i tuoi signori facciano errori più gravi dei miei”
e in pochi anni propio così succede tanto che i Visconti rientrano in Milano, scacciano definitivamente i Torriani e Matteo questa volta ottiene il titolo di Vicario Imperiale non più per la Lombardia ma per Milano e il suo distretto. E’ un titolo che rispecchia l'area veramente controllata dai Visconti.
Un nuovo nemico si ripresenta contro i Visconti, la Chiesa e papa Giovanni XXII che vuole distruggerli e pensa ad un unico Regno di Lombardia vassallo del Regno di Francia.
Scomuniche e interdetti piovono su Milano. Matteo lascia il potere, il figlio Galeazzo gli succede e tra alterne vicende riuscirà a ricomporre il dissidio con il Papa che aveva indetto addirittura una crociata contro l’eretica Milano.
Sconfitti i Torriani, il Marchese di Monferrato, ottenuto il perdono dal Papa, finalmente con Azzone i Visconti possono ricreare il loro dominio, questa volta su solide basi.
Azzone è un valido guerriero; si spinge a Lucca per aiutare i ghibellini assediati dai fiorentini guelfi che insegue e sconfigge. Non pago porta l'esercito sotto le mura di Firenze non per assediare la città ma per far sfilare minacciosamente sotto le mura lo stendardo con la biscia.
Con abilità in 10 anni diventa signore di Bergamo, Brescia, Pavia, Cremona, Como, Lodi, Lecco, Piacenza, Vercelli.
Lo zio Giovanni diventa vescovo di Novara e la conquista.
Il suo è un potere solido perchè si preoccupa di eseguire una conquista sistematica eliminando lo enclave guelfe, piccoli borghi che da sempre erano state spine nel fianco e rifugio per i nemici, una dopo l'altra cadono Crema, Caravaggio, Martinengo, Romano, Cantù, Orzinuovi, Borgo San Donnino che credo sia l'attuale Fidenza in provincia di Parma.
Non solo, l'azione di Azzone prima blocca il tentativo del re Giovanni di Boemia di creare un Regno di Lombardia e poi contribuisce far svanire i sogni dei Dalla Scala che pure erano accusati di voler diventar Re di Lombardia tanto che Azzone aveva pubblicamente accusato Mastino Della Scala di essersi già fatto fare la corona d'oro pronta da indossare appena possibile.. in effetti i Dalla Scala erano signori di tutto il Veneto - Venezia esclusa - di Parma e di Lucca e vantavano diritti su Brescia. A Mastino, preso tra veneziani, fiorentini e Visconti resteranno poi solo Verona e Vicenza (e anche Lucca e Parma, che però vendono rapidamente consci di non poterle più difendere.).
Rinsaldato il potere, sconfitti i pericolosi vicini, inizia l'espansione che tenterà di unificare la Lombardia storica (cioè l'Italia settentrionale).
Luchino e Giovanni Visconti, Arcivescovo di Milano
Ad Azzone Visconti succedono gli zii Luchino e Giovanni arcivescovo di Milano
Il potere è per lo più nelle mani di Luchino che amministra molto saggiamente il potere tanto che alla sua morte lascerà un ingentissimo patrimonio di forzieri e forzieri pieni d'oro.
Non per questo trascura di allargare i suoi domini.
Nel 1342 Asti lo nomina spontaneamente signore e si sottomente ai Visconti..
Nel 1346 Luchino assedia Parma che gli Scaligeri hanno venduto agli Este, dopo alterne vicende Luchino la compra a sua volta dagli Este.
Nel 1347 i Visconti occupano Tortona, Alessandria e Bra, risalgono tutta la valle del Tanaro, occupano Bersezio, risalgono al colle dell'Argentera e sconfinano addirittura in Provenza, tanto da minacciare il Papa che ha sede ad Avignone.
Vengono respinti e sconfitti, ma mantengono il controllo di gran parte delle loro nuove conquiste compresa la Val di Stura, Demonte e Rocca Sparvera.
Aarrestato il loro impeto verso ovest si rivolgono in direzione Genova e nel 1349 Luchino occupa Gavi.
Anche Lucca durante il periodo di Luchino è oggetto dei desideri viscontei anche se invano. Sempre gli Scaligeri vendono per 200.000 fiorini ai fiorentini che la pagano ma non riescono ad occuparla perchè intervengono i pisani e i visconti che la conquistano. Sorti però dei dissapori tra pisani e visconti questi assediano invano sia Lucca che Pisa spingendosi fino in Maremma.
A Luchino succede il fratello e arcivescovo Giovanni, personaggi a dir poco leggendario.
L'arcivescovo Giovanni compra Bologna dai Pepoli nonostante sia desiderio del Papa entrarne in possesso e mentre trama con i Pepoli invia i suoi ambasciatori ad Avignone per dar buoni consigli al Papa su come recuperare Bologna! In seguito con grande innocenza dirà al Papa di aver preso lui Bologna per il bene della Chiesa per evitare che fosse occupata dai nemici della Chiesa.
Nel 1351 Bernabò Visconti che difende Bologna compra da una compagnia mercenaria Lugo di Romagna.
I fiorentini temono oramai per la loro stessa città tanto che scrive Cognasso - I Fiorentini si accontentarono che il Papa li pacificasse con Milano si che " venendo i devoti Toscani alla concordia si recida la via all'Arcivescovo di travagliarsi dei fatti de Toscani" -
In realtà l'arcivescovo Giovanni prima scrive ai fiorentini chiamandoli "cari amici" poi invia Giovanni d'Oleggio ad assediare Pistoia prima e la stessa Firenze poi. E’ la seconda volta in meno di 25 anni che un esercito visconteo si porta sotto le mura di Firenze, questa volta non si limita a far sventolare lo stendardo con la biscia, ma assedia la città.
L'assedio non preparato a dovere non consegue il risultato, così l'anno seguente (1352) si prepara una grande spedizione con una spesa pari a a 500.000 fiorini, ma invece di puntare direttamente e subito a Firenze si decide di farle terra bruciata attorno. Così devastato il contado, i Visconti occupano Orvieto e Bettona. Firenze viene salvata dal Papa che scomunica l'arcivescovo Giovanni perchè Orvieto e Bettona sono sue. L'arcivescovo Giovanni come al solito finge di non saper nulla, ma poi cede alle richieste del Papa.
I fiorentini guelfi pur di salvarsi cercano di stringere un accordo con l'imperatore, il capo di tutti i ghibellini e chiedono di diventare vicari imperiali. Forte doveva essere la paura dei Visconti! In realtà concludono una pace con i Visconti che dura meno di un'anno poichè la tregua si rompe quando Genova, sconfitta dal Veneziani e Catalani ad Alghero si offre all''arcivescovo Giovanni che accetta e diventa signore anche di Genova.
Alcuni episodi sulla figura dell'arcivescovo Giovanni
Si dice che abbia accolto il legato del Papa (che probabilmente veniva a chiedere la restituzione di qualche città) vestito in abiti pontificali e con il pastorale in una mano e la spada nell'altra dicendogli - con il pastorale amministro lo spirituale con la spada difendo il temporale - .
Sempre accogliendo un messo del Papa si sentì rimproverare l'eccesso di sfarzo del corteo di benvenuto alla testa del quale l'arcivescovo Giovanni lo attendeva. L'arcivescovo si giustificò dicendo "voglio che il Papa sappia che sotto di lui sta un chierichetto che può qualcosa".
Infine quando il Papa impose all'arcivescovo Giovanni di presentarsi immediatamente ad Avignone subito scoppiò una gran penuria di viveri e di vettovagliamenti in città. Si diffuse la voce che l'arcivescovo Giovanni ne aveva fatto far incetta perchè voleva si recarsi ad Avignone per ubbidire al suo Papa ma voleva farlo accompagnato da 12000 cavallieri e 6000 fanti. Il Papa invitò l'arcivescovo a non scomodarsi!
Infine non va dimenticato che prima di essere l'arcivescovo di Santa Romana Chiesa era stato l'arcivescovo di un Papa scismatico eletto dall'imperatore Ludovico il Bavaro.
I maligni dicevano che in tutta la sua vita avesse detto Messa una sola volta.
Galeazzo e Bernabò Visconti
All'arcivescovo Giovanni succedono i tre nipoti Matteo, Galeazzo e Bernabò, figli di Stefano Visconti misteriosamente morto in giovane età forse avvelenato dai fratelli.
Allo stesso modo Matteo muore presto e i domini della casa che erano stati divisi in tre parti più o meno ugali vengono ora spartiti tra i due fratelli rimasti, eccezion fatta per Milano che è considerata un dominio comune; Galeazzo e Bernabò controllano tre porte a testa delle sei totali che allora aveva la città. Questo fatto sarà di grande rilievo come vedremo poi.
Il loro governo è caratterizzato da due fattori.
1) le continue guerre che devo sostenere contro tutti gli altri signori e tiranni del tempo, contro l'Imperatore e sopratutto contro il Papa che si pone come obiettivo di distruggere completamente i Visconti.
Verrebbe da dire ... Visconti contro tutti o quasi. Inevitabilmente alcuni possedimenti conquistati in precedenza da Luchino e dall' Arcivescovo Giovanni vengono persi, ma i due fratelli escono vincitori del lungo scontro e specialmente messer Bernabò assume grande fama in tutta Europa. Il tentativo di distruggere la vipera fallisce miseramente. Sarebbe difficile seguire tutte le battaglie, le città perse e recuperate, i tradimenti e gli intrighi di quel periodo, quel che conta è che i due Visconti riescono a tener testa a tutti ed anche se perdono qualche città la loro potenza non vien meno.
In breve si può però dire che i Visconti perdono e poi riconquistano Asti, Vercelli e Novara, mentre perdono del tutto Genova, Bologna e i domini del basso Piemonte che arrivavano fino a Cuneo e oltre. Singolare è che la perdita di queste ultime città non è dovuta ai nemici, ma al tradimento di un loro congiunto, Giovanni d'Oleggio, che governava la città, nel caso di Bologna; ad una ribellione popolare per quanto riguarda Genova e ad un curioso bisticcio matrimoniale per quanto riguarda i domini del basso Piemonte. Essi sono dati in dote da Galeazzo alla figlia che sposa Leonello di Clarence, figlio del re d'Inghilterra. Sfortunatamente lo sposo muore presto, ma i cavalieri del suo seguito occupano le terre date in dote e si rifiutano di restituirle a Galeazzo e in loro aiuto chiamano gli angioini di Provenza che a loro volta rioccupano volentieri le terre che Luchino aveva loro tolte pochi anni prima.
I Visconti riescono però anche a far conquiste: Bernabò strappa Reggio Emilia ai Gonzaga e Galeazzo assedia e occupa Pavia che fino ad allora era più o meno un protettorato affidato ai Beccaria.
2) Bernabò e Galeazzo si dedicano anche ad organizzare matrimoni di prestigio per i loro figli sperando di conquistarsi preziosi alleati. In realtà son matrimoni pagati a carissimo prezzo, con doti sontuose che non porteranno mai grandi vantaggi, nè per Bernabò e Galeazzo, nè per Gian Galeazzo che continuerà la pratica.
In ogni caso Galeazzo darà in sposa una figlia a Leonello di Clarence figlio del re d'Inghilterra e invece procurerà al figlio Gian Galeazzo in moglie Isabella di Valois figlia del re di Francia, costei porterà in dote la contea di Vertus per cui Gian Galeazzo verrà detto il Conte di Virtù ... titolo che darà grande agio ai giochi di parole dei nemici fiorentini.
Bernabò invece darà in sposa alcuni dei suoi 30 e più figli tra legittimi e naturali a vari principi d'Europa, come i principi di Baviera, i signori d'Armagnac, ma anche a capitani di ventura come Giovanni Acuto per assicurarsene l'aiuto dato che i fiorini spesso non erano sufficienti!
Un'ultima notizia su Bernabò figura leggendaria al pari di molti altri nella sua famiglia; obbligava i suoi sudditi ad accudire i suoi amati cani da caccia e ne aveva parecchi, circa 5000! Periodicamente li passava in rassegna e se trovava un cane dimagrito o ammalato il cittadino che l'aveva in custodia poteva pagar anche con la vita la sua colpa o più semplicemente la sua sfortuna.
Gian Galeazzo Visconti
A Bernabò Visconti succede il nipote Gian Galeazzo.
Come già anticipato in questa successione è fondamentale la divisone delle città in due; tre porte sono affidate a Bernabò e tre al fratello Galeazzo e poi al figlio di questo Gian Galeazzo. Quando questi decide di recarsi da Pavia, dove già il padre si era prudentemente trasferito temendo il fratello Bernabò, a far visita al Sacro Monte di Varese avvisa lo zio Bernabò, poichè è di strada, che intende fargli una breve visita in Milano.
Però parte con 500 lance al seguito, raggiunto per strada dai cugini che gli vengono incontro per accoglierlo li imprigiona, prosegue il suo viaggio e giunto a Milano dalla pusterla di Sant'Ambrogio esce lo zio a cavallo di una mula solo e senza scorta evidentemente sentendosi al sicuro da ogni pericolo. E’ il 6 maggio 1385.
Gian Galeazzo fa imprigionare anche lui e lo trasporta subito in una delle porte sotto il suo controllo, e lo rinchiude nelle prigioni del castello della porta.
Poi entra in Milano e pochi giorni dopo si proclama signore di tutti i domini viscontei.
Bernabò trasferito a Trezzo viene avvelenato pochi mesi dopo, i due cugini finiranno la loro vita in carcere dopo anni e anni di detenzione. Gli altri figli di Bernabò, legittimi e naturali, continueranno per anni ad osteggiare Gian Galeazzo.
Inizia il governo di Gian Galeazzo che prima deve affrontare la reazione dei parenti di Bernabò. L'azione più pericolosa è quella condotta da tre cognati, il signore di Armagnac, il signore di Baviera e Giovanni Acuto capitano di ventura: a tutti e tre Bernabò aveva dato in sposa una figlia; quasi contemporaneamente attaccano Gian Galeazzo che comuque riesce a vincerli.
Particolare la descrizione che lasciano i francesi del loro tentativo, partendo per la Lombardia un cronista al loro seguito scrive che torneranno ricchissimi e non dovranno più far guerre perchè stanno per conquistare il paese più ricco del mondo e non avranno difficoltà a farlo perchè i lombardi son codardi.
Ad Alessandria dopo una breve scaramuccia sbandano e si danno alla fuga. No comment!
Nel 1396 Gian Galeazzo consegue il titolo di Duca di Milano e cerca di ottenere anche il titolo di Duca di Lombardia. Quel giorno il popolo accore in massa a Sant'Ambrogio, perchè di incoronazioni di imperatori se ne erano già viste tante, quella era la prima volta che ad essere incoronato era un milanese.
Difesi i suoi domini Gian Galeazzo regola definitivamente i conti con gli Scaligeri e occupa Verona
e Vicenza.
Poi è la volta dei Carrara di Padova e contemporanemente il vessilo della Biscia arriva fino a Riva del Garda, Belluno, Feltre e oltre.
I Carrara riescono poi a riprendere il controllo di Padova, della sola città, ma non del contado.
Nel frattempo Gian Galeazzo tramite dedizione spontanea delle città, tramite intrighi, tramite assedi occupa: Pisa, Livorno, Siena, Perugia, Assisi, Orvieto.
Infine è la volta di Bologna che nel 1402 viene assediata ed espugnata..
Anche Genova che si era ribellata al padre e allo zio, gli si offre nuovamente, ma interviene il re di Francia che tramite un abile gioco diplomatico riesce a strapparla al Visconti.
Oltre i territori direttamente conquistati, tutti gli altri stati dell'Italia settentrionale sono direttamente e pesantemente sottoposti ai Visconti eccezion fatta per Firenze, Venezia e i Savoia. In Romagna una grande miriade di tiranni e dittatori vari è fedele al Visconti e lo segue in tutte le sue guerre, Estensi e Gonzaga devono ubbidire e non osano schierarsi nella lega anti viscontea. Appena i Gonzaga si mostrano esistanti subito Gian Galeazzo assedia Mantova e li riporta all'ordine.
E’ a questo punto che a Firenze si aspetta il grande assedio, lo scontro finale e a questo punto che Gian Galeazzo improvvisamente muore.
Cognasso dice che la morte ha salvato Gian Galeazzo dal vedere la disgregazione del suo stato, poichè oramai a forza di far guerre era sull'orlo del fallimento.
Maria Bellonci sostiene invece che a Gian Galeazzo mancò solo la possibilità di assediare Firenze.
In ogni caso dopo Gian Galeazzo inizia una fase di grave declino e quel tentativo visconteo di unificare l'Italia settentrionale lascerà il posto al tentativo veneziano.
L'epilogo
A Gian Galeazzo succede il figlio primogenito Giovanni Maria cui rimangono tutti i domini lombardi e il titolo di duca, il figlio Filippo Maria che diviene conte di Pavia ed eredita i domini veneti e piemontesi e il figlio naturale legittimizzato Gabriele Maria cui spettano i domini toscani.
Il nuovo duca e suo fratello sono ancora dei ragazzi e la reggenza spetta alla madre, la duchessa Caterina figlia di Bernabò. Nonostante sia figlia di Bernabò contro di lei si scatenano tutti gli altri discendenti di Bernabò e anche tutti i Visconti dei rami cadetti. Il governo è molto debole e così buona parte delle città conquistate da Gian Galaeazzo vengono rapidamente perse. La Toscana è preda di Firenze, Venezia si spinge fino a Verona, nelle città rimaste ufficialmente dei Visconti ritornano gli scontri tra guelfi e ghibellini e la famiglia vincente instaura nuove signorie. I capitani d’armi mandati dai Visconti a riconquistare le città ribelli, eseguito l’ordine spesso si proclamano signori autonomi; così Pandolfo Malatesta diviene signore di Brescia e Bergamo dal 1411 fino al 1420.
Anche le istituzioni comunali formalmente mai abolite riprendono vigore tanto che per alcuni anni le spese del duca Giovanni Maria devono ottenere il placet del Comune, ma il vero nemico dei Visconti diventa Facino Cane. Abile condottiero tenta senza successo l’impresa che riuscirà qualche tempo dopo a Francesco Sforza, ovvero sostituire i Visconti.
Divenuto signore di molte città prima viscontee per lo più ubicate tra Piemonte e Lombardia, assedia Milano e obbliga il duca a nominarlo suo governatore, in seguito assedia Pavia e obbliga anche Filippo Maria a nominarlo suo governatore. Ogni atto di governo non è valido se non è firmato anche dal Governatore Facino Cane.
Il potere dei visconti è ridotto alla sola Milano, poiché anche la vicina Monza è controllata da Estorre Visconti, discendente di Bernabò, quando una mattina recandosi a Messa il Duca Giovanni Maria poco più che ventenne viene assassinato.
Nessun ostacolo si frappone più a Facino Cane che potrebbe diventare il nuovo signore di Milano, ma anche questi rapidamente muore e a quel punto il nuovo e ultimo duca diventa Filippo Maria.
Duca senza ducato perché anche Milano viene rapidamente occupata da Estorre e altri discendenti di Bernabò che si proclamano signori di Milano.
Astutamente Filippo Maria sposa Beatrice Cane, la moglie di Facino, e ciò gli consente di ottenere in dote le città controllate da Facino, i suoi forzieri carichi d’oro e la fedeltà delle sue truppe.
Filippo Maria tra il 1411 e il 1420 ricostruisce con grande abilità lo stato Visconteo: si riprende la Val Sesia dai Savoia, il Ticino dagli Svizzeri e le città ribelli uno dopo l’altra. Ritorna ad occuparsi degli affari di Toscana impedendo che anche Lucca capitoli ai Fiorentini, occupa Imola e Faenza in Romagna, ottiene Lerici e Porto Venere, ottiene persino la signoria di Genova e forse questa è la cagione della sua successiva rovina. Filippo Maria capisce infatti le potenzialità economiche che gli offre il porto di Genova che permette a Milano di commerciare liberamente e le consente di creare una via alternativa al tragitto Brennero – Venezia costituita dall’asse Genova Milano San Gottardo.
Ciò determina inevitabilmente l’ostilità di Venezia che ha già iniziato la sua fase di terraferma.
La disfatta principale avviene a Maclodio le truppe veneziane guidate dal conte di Carmagnola che ha abbandonato i Visconti per passare al soldo di Venezia vincono sbaragliando l’esercito milanese; raggiunta la pace, Venezia nel 1428 ottiene Bergamo e Brescia. Per vendetta il duca negli anni seguenti invierà numerose ambascerie al conte di Carmagnola invitandolo ad essere mediatore tra il ducato e la Serenissima, lusingandolo, ecc. ciò determinerà la sempre minor fiducia di Venezia nel conte di Carmagnola che verrà presto processato per tradimento e poi giustiziato. Il duca Filippo Maria ottenne così la sua vendetta, per di più privando Venezia di un valido condottiero.
Da questo momento le condizioni del ducato andranno via via peggiorando tanto che sempre più a corto di uomini il duca dovrà rivolgersi a tutti ma proprio a tutti per farsi aiutare e difendere da Venezia. Chiederà l’aiuto dell’Imperatore, del Papa, del re d’Aragona, del suo rivale angioino, dei Savoia, specialmente dei Savoia, il duca di Savoia per concedergli aiuti gli imporrà di sposare sua figlia Maria. Sembra che durante tutta la vita coniugale il duca abbia vissuto con la duchessa per non più di due, tre giorni.
Pur di ottenere l’aiuto di Francesco Sforza condottiero considerato invincibile gli concesse in sposa la figlia illegittima Bianca Maria che all’epoca aveva 7 anni mentre il condottiero ne aveva 30. Ciò non fu sufficiente perché lo Sforza fu uno dei suoi più validi nemici a lungo alleato di Venezia.
Tra una richiesta d’aiuto ed un assedio veneziano il duca da tempo malato morì senza designare eredi. I milanesi proclamarono la Repubblica Ambrosiana che continuò a combattere sia Venezia sia lo Sforza cercando però di accordarsi ora con l’uno ora con l’altro perché la situazione di Milano era ormai insostenibile, la città era ridotta alla fame. Prima sembrò possibile accordarsi con la Sforza, poi la situazione cambiò ed infine si venne ad una accordo con Venezia, ma le truppe dello Sforza schierate attorno a Milano riuscirono a impedire che i Veneziani potessero portar soccorso a Milano che dovette arrendersi dopo mesi di assedio al nuovo signore, signore non per concessione dell’Imperatore o del Papa né per volontà del popolo, ma per la forza delle sue armi. È la fine dei Visconti, ma già da tempo Milano ha perso il ruolo egemone.
Venezia raggiunge la sua massima espansione territoriale, proprio dopo la morte del duca: oltre al Veneto e al Friuli controlla parte del Trentino, quasi tutta a Romagna, Bergamo, Brescia, Lecco, Crema, Brivio, Lodi e Piacenza.
Note: Autore: Gioàn di Benècc (Gioànfrancèsh Rügér)"
Posted on Wednesday, August 13 @ 16:14:59 CEST by dragonot |