Anonymous writes "Da Repubblica
Recenti studi dimostrano che chi fin da piccolo è abituato a parlare due lingue è più veloce nel "cambiare registro" e quindi vanta una maggior facilità nell'apprendere altre lingue. E mentre i programmi di alcune regioni autonome, ultima la Sardegna, inseriscono le lingue minoritarie anche tra i banchi, ecco alcune ottime ragioni per cui il recupero del passato potrebbe avviare i ragazzi a un migliore futuro.
Ogni genitore desidera il meglio per i propri figli, offrire opportunità, aiutarli a vivere al meglio la propria vita. È un bene cercare di trasmettere loro il proprio dialetto o lingua regionale? Con la convinzione che i dialetti siano un grande patrimonio che accomuna milioni di persone, una parte importante della loro identità, anche la Sardegna si prepara all'introduzione delle lingue sarde fin dai primi anni di scuola. Il progetto prevede lo studio delle lingue sarde come materia didattica, come già accade per il ladino ed il tedesco in Trentino Alto Adige, la lingua d'Oc (Occitano) in Val d'Aosta.
Un'iniziativa meritevole per un motivo poco conosciuto ai più: l'introduzione delle lingue minoritarie, impropriamente chiamate anche dialetti, nelle scuole, oltre a tutelare il patrimonio linguistico e culturale delle popolazioni, con le loro specificità e differenze, può favorire il consolidamento di un vero e proprio bilinguismo o di acquisirlo nel caso il "dialetto" non fosse più parlato in famiglia, dal momento che i bambini imparano le lingue più facilmente e rapidamente degli adulti. Imparare a parlare sardo, insomma, renderebbe più semplice ai bambini parlare anche una lingua straniera.
Diversi studi hanno dimostrato che chi fin da piccolo é abituato a parlare due lingue, ha una maggiore velocità nel 'cambiare registro', a giocare creativamente con le parole e ad aprire delle nuove 'caselle' in cui inserire insieme a parole diverse, nuovi concetti. Questi bambini avrebbero quindi una maggior facilità nell'apprendere altre lingue, per esempio l'inglese, la lingua maggiormente utilizzata nella comunicazione commerciale e scientifica, e se necessario, anche più di una. Un esempio tra tanti, quel che accade tra le valli Ladine del Trentino-Alto Adige, dove il bilinguismo è una realtà consolidata: in pochi anni, per far fronte alle mutate richieste del mercato, gli operatori del settore turistico di qualunque età hanno imparato rapidamente l'inglese, il francese, il russo e persino rispolverato il tedesco, sentito magari fin da piccoli ma mai parlato (bilinguismo passivo) per aprirsi e comunicare con nuovi mercati.
La valorizzazione dei dialetti e lingue minoritarie parlate in molte regioni italiane apre quindi al mondo globalizzato in modo nuovo, preservando al tempo stesso l'identità che passa attraverso la lingua, le tradizioni, il rapporto tra le generazioni e facilitando l'apprendimento delle lingue 'straniere'.
La storia antica ci tramanda che nel II secolo dopo Cristo, Cornelia, la madre dei Gracchi, rimasta vedova da giovane avesse rifiutato di sposare il re d'Egitto, per dedicarsi all'educazione dei figli. Si dice che un giorno a una matrona romana che si vantava con lei delle tante pietre preziose e gioielli di cui si adornava, avesse risposto indicando con orgoglio i suoi figli Caio e Tiberio: "Haec ornamenta mea" (Ecco i miei gioielli!). Il patrimonio che ogni genitore può lasciare ai propri figli è quindi innanzitutto psicologico e culturale, familiare e sociale. La trasmissione del proprio 'dialetto', la propria "lingua madre", é quindi un grande regalo che ognuno può fare loro, aprendo nuove vie grazie a un presente solidamente agganciato al passato, in un 'continuum' in perenne evoluzione e trasformazione, verso traguardi importanti."
Posted on Friday, May 30 @ 22:24:06 CEST by dragonot |