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La disarticolazione degli spazi linguistici romanzi

Nel 1950 usciva uno dei più importanti lavori di Walter von Wartburg, intitolato “Die Ausgliederung der Romanische Sprachräume” (esso riprendeva il titolo di un articolo uscito nel 1936).
Nel 1967 il lavoro era tradotto in francese con il titolo “La fragmentation linguistique de la Romania”.


Nel 1980, quando era già universalmente conosciuto, il lavoro era finalmente tradotto anche in italiano, con il titolo “La frammentazione linguistica della Romania”.

W. von Wartburg analizza alcuni fatti eclatanti, tra cui i seguenti:

  • la -s finale;
  • le occlusive sorde intervocaliche;
  • l'azione del sostrato gallico, specialmente per il passaggio da u a ü;
  • la palatizzazione di c e g seguiti da a.

    Vedremo in dettaglio tutti i punti, ad esclusione di quello relativo alle occlusive sorde intervocaliche, essendo questo un fenomeno estremamente chiaro.

    La "-s" finale.
    W. von Wartburg presenta una cartina (Carta 3) in cui riporta le antiche attestazioni, nell'area padanese, di -s finale, sia testuali sia dedotte da fatti di fonetica attuale.
    A questi si possono aggiungere i plurali sigmatici dei "Sermoni Subalpini", 22 prediche gallo-italiche datate attorno al 1150. Ad esempio, nel Sermone I°, troviamo subito: "Les desmes et les primicies li Chrestien feel Deu devent doner a sainte Eglise e as prevereis ...".[1] G. B. Pellegrini cita poi "una lettera di un mercante veneziano spedita da Candia nel 1348, ove ho rilevato ... addirittura 'li presis' = 'i prezzi'".[2] Nel francese parlato la -s finale cadrà pochi secoli dopo, intorno alla metà del Seicento.

    Il passaggio da "u" a "ü".
    W. von Wartburg ha analizzato con estrema attenzione la diffuzione della "ü" in Emilia-Romagna, ed ha documentato la diffusione della "ü" in una cartina (Carta 5). La "ü" appare occupare tutto l'Appennino emiliano ed ha sporadiche apparizioni fino all'Adriatico.

    La palatizzazione di "ca-" e "ga-".
    W. von Wartburg presenta in due cartine la documentazione delle attestazioni della palatizzazione di "ca-", rispettivamente in sillaba tonica (Carta 7) ed in sillaba atona (Carta 8). A queste si possono aggiungere la famosa attestazione "chian, chiani" (pronuncia "čan, čani") del veneziano Fra Paolino Minorita.[3] E, nello stesso lavoro di G.B. Pellegrini, i toponimi Fornesiğe" (da FORNACICULA) e "Sčatezzo" (Casteggio - PV). Attualmente si può citare, nella pianura torinese, ad esempio a Virle (ed in numerose altre isole sparse), "čat" per "gatto".

    Walter von Wartburg riassume le proprie conclusioni nella divisione tra Romània Occidentale e Romània Orientale, all’altezza della “linea La Spezia – Rimini”.

    LA DIVISIONE IN ROMANIA ORIENTALE E ROMANIA OCCIDENTALE
    Quanto abbiamo finora esaminato ci permette di tentare la delimitazione dei diversi territori che nel corso della progressiva frantumazione dell'area linguistica latina conservarono una certa omogeneità.
    La linea di divisione più importante è sicuramente quella che attraversa la penisola italiana da La Spezia all'Adriatico. Attualmente non possiamo stabilire se si trattò di una linea di demarcazione netta o di una zona di transizione, perché per l'epoca più antica è difficile definire la posizione dell'Emilia rispetto a questa linea. Sulla carta (Mappa 9) un'unica linea rappresenta i fatti in questione, dal momento che le singole deviazioni non modificano il quadro d'insieme. Lungo questa linea di divisione si sovrappongono le isoglosse di un elevato numero di importanti tratti fonetici ed anche morfologici: a nord e a ovest di questa linea la -s finale si conserva e può servire da segno flessionale (plurale, etc.); le occlusive sorde intervocaliche si sonorizzano (sabere, madurus, segurus) e altrettanto avviene per -s- intervocalica (kaza). A sud e a est della linea la -s cade, la flessione nominale subisce perciò una trasformazione totale; le occlusive intervocaliche restano sorde (sapere, maturu, securu), altrettanto avviene per la -s- (kasa). Ci si chiede naturalmente quale percorso segua a est dell'Adriatico questa linea di separazione tra i due tipi di latino. Dare una risposta precisa a questo interrogativo è molto difficile, poiché in Pannonia si sono conservate rarissime tracce romane che permettano di avanzare ipotesi sulla stato del latino parlato in questa regione attorno all'anno 200. Tuttavia sia il veglioto, sia gli elementi latini dell'albanese, sia gli elementi lessicali d'origine latina, che il serbocroato riprese dal latino già parlato in queste regioni, corrispondono per il loro aspetto fonetico ai dialetti dell'Italia centrale e meridionale e al rumeno. […] È quindi evidente che l'Illiria si congiunge alla penisola italiana e che la linea di confine tra le due parti della Romania corre a nord di questa provincia. Pertanto la linea di divisione La Spezia-Rimini, con il suo prolungamento al di là dell'Adriatico, costituisce il confine tra due grandi blocchi linguistici che si oppongono l'un l'altro: la Romània occidentale e la Romània orientale. Quando l'unità latina cominciò a disgregarsi ebbe inizio lungo questa linea la più importante di tutte le differenziazioni.
    All'interno della Romania occidentale possono tuttavia facilmente distinguersi altri confini. I mutamenti che produssero nuove variazioni all'interno della Romania occidentale devono ascriversi soprattutto all'azione del sostrato gallico. Il sostrato celtico non si manifesta ovunque con eguale intensità, così come la popolazione celtica non si stabilì ovunque con la stessa densità. I confini di questi tratti linguistici restano tutti all'interno delle frontiere della Romania occidentale. Il passaggio -ct- > -Xt- non riguarda né il veneziano né il friulano, forse neppure il ladino centrale. Quest'ultimo partecipa del passaggio u(lunga) > ü, che non si incontra invece nella penisola iberica e forse, per quest'epoca antica, neppure nella Guascogna, in cui ü penetrò solo più tardi, proveniente dal nord. La penisola iberica si distingue dal resto della Romania occidentale per una minore presenza dei tratti d'origine celtica e in generale per il suo carattere molto conservatore (conservazione del futuro anteriore etc., e anche, in special modo, sul piano lessicale). Ai margini orientali della attuale Romania occidentale alcuni tratti non si sono affatto affermati e si è così formata un'area che appartiene evidentemente all'occidente, ma che risente in misura minore dell'influsso del sostrato celtico rispetto ai territori vicini più a occidente. Resta dunque un territorio centrale comprendente la Gallia fino al Reno, la Raetia Prima, le attuali regioni del Piemonte, della Liguria, della Lombardia e dell'Emilia; anche la Raetia Secunda appartiene nella sostanza a questa zona, come anche, con sensibili deviazioni però, le Venezie. […]
    Nacque così la divisione che è rappresentata sulla carta (Mappa 9) e che differisce, in alcune parti importanti, da quella della Romania attuale. Cominciò soprattutto ad aprirsi un fossato tra Italia settentrionale e centrale, mentre a est e ovest delle Alpi occidentali si parlava un latino pressoché eguale. [...]


    [1] Giuliano Gasca Queirazza, Gianrenzo P. Clivio, Dario Pasero - La letteratura in Piemontese dalle Origini al Settecento - Raccolta antologica di testi - 2003
    [2] G.B. Pellegrini - Alcuni appunti sulla Koiné veneta medioevale - in Atti del Convegno di Milano e Pavia, Koiné in Italia dalle Origini al Cinquecento, 25-26 settembre 1987
    [3] G.B. Pellegrini - Il Cisalpino e il retoromanzo - in Atti del Convegno internazionale di studi, Italia settentrionale - Crocevia di idiomi romanzi, Trento 21-23 ottobre 1993

    Posted on Tuesday, April 29 @ 17:17:40 CEST by dragonot

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